Le prime pronunzie della giurisprudenza di merito confermano che, in ambito sanitario o sociosanitario e per lavoratori adibiti ad attività con tale contenuto, tutte le volte che il rifiuto del vaccino contro il virus Sars Cov-2 risulti ingiustificato, la prestazione lavorativa diviene irricevibile e, laddove neppure risulti possibile una diversa collocazione del lavoratore (anche in altre mansioni), questi può essere messo a casa (senza stipendio) senza necessità di accertamenti ulteriori. Ciò, anche prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 44/2021che avrebbe soltanto portato ad emersione normativa un principio già desumibile dall’ordinamento, sul rilievo che l’attuale stato pandemico determinerebbe il prevalere dell’esigenza di tutelare la salute collettiva e delle correlate esigenze organizzative delle aziende sanitarie e socio sanitarie. Resta ovviamente, sullo sfondo, la non semplice conciliabilità fra la libertà di autodeterminazione individuale del lavoratore, nelle scelte inerenti le cure sanitarie, ed i riflessi concreti sulla sua vita di tutti i giorni, stante anche il carattere tuttora non obbligatorio della vaccinazione che mantiene un contenuto anche sperimentale.
20 Luglio 2021 | covid, retribuzione