Un sindacato può proporre una domanda di risarcimento dei danni derivanti dal « consolidato sistema di organizzazione e gestione degli incarichi dirigenziali in favore di funzionari privi della qualifica dirigenziale, instaurato dall’agenzia delle entrate contra legem e contra costituzionem»?

Una sentenza del Consiglio di Stato della fine del mese di dicembre 2023, chiamata a pronunziarsi sull’annosissima vicenda dei funzionari della Agenzia delle entrate, titolari di prolungati incarichi di reggenza a copertura di posizioni dirigenziali vacanti in violazione del principio costituzionale dell’accesso alla dirigenza pubblica mediante concorso, ha liquidato una somma, neppure troppo esigua, a favore di un’organizzazione sindacale a titolo di danno non patrimoniale. Si afferma, difatti, che “l’istituzionalizzazione di una prassi contraria alla Costituzione, attraverso norme interne con essa contrastati, si traduce infatti in una condotta plurioffensiva, idonea a ledere non solo l’aspirazione del singolo lavoratore, titolato quindi ad agire in proprio, come in precedenza esposto, ma il ruolo stesso del sindacato quale ente esponenziale della relativa collettività, perché posto nella condizione di non potere assicurare il rispetto dei poc’anzi menzionati meccanismi di progressione interna di carriera di stampo concorsuale, atti a porre la base lavorativa in condizioni di parità. Come la condotta in questione ha dato luogo al giudizio di annullamento degli atti di assegnazione degli incarichi dirigenziali senza concorso, in cui è stata riconosciuta la legittimazione attiva dell’organizzazione sindacale odierna appellante, così questa è pertanto titolata a vantare una lesione causalmente correlabile alla condotta datoriale accertata come illegittima nel precedente contenzioso, e riferibile in via esclusiva alla sfera dell’ente collettivo”. La sentenza appare particolarmente innovativa e sembra destinata, se dovesse consolidarsi, ad aprire ulteriori margine di manovra contenziosa a favore delle organizzazioni sindacali tutte le volte che siamo in presenza di una condotta che incide non solo sui singoli ma sullo stesso sindacato ovveso sul suo “ruolo” e sulla “sua attività di tutela degli interessi dei lavoratori. Sul punto non è revocabile in dubbio che il consolidato sistema di assegnazione degli incarichi dirigenziali invalso all’interno dell’Agenzia delle entrate – il c.d. «mansionismo dirigenziale» – contraddistinto dalla sistematica disapplicazione della regola costituzionale del pubblico concorso, riveste attitudine in concreto a svilire la funzione rappresentativa dell’organizzazione dei lavoratori. Ciò nella misura in cui una situazione diffusa di contrarietà alla norma giuridica fondamentale in materia di progressione di carriera, con correlativa frustrazione delle aspirazioni diffuse presso i lavoratori dipendenti ad una progressione di carriera secondo criteri di predefiniti, obiettivi e di impostazione meritocratica, si pone quale fattore di svuotamento del ruolo del sindacato di ente esponenziale delle aspettative dei lavoratori”.Da qui il diritto a proporre un’azione di risarcimento del danno non patrimoniale “perché incidente sull’interesse costituzionalmente protetto all’attività sindacale (art. 39 Cost.). Sotto il profilo ora evidenziato esso è dunque fonte di responsabilità per i danni di carattere non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ., secondo l’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972)”.

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