Titoli di studio per l’accesso e concorsi pubblici

Il TAR della Toscana, con sentenza dell’8 ottobre 2024, torna sull’annosa questione della sindacabilità dei titoli di studio per l’accesso agli impieghi tutte le volte che ciò non sia imposto da una previsione di legge o regolamentare, affermando che “È noto che, per costante giurisprudenza richiamata anche dalle difese resistenti, qualora manchi una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico pubblico, l’amministrazione che indice la procedura selettiva dispone di un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione, da esercitarsi tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico, e naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà (tra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 ottobre 2020, n. 6148, e i precedenti ivi richiamati)”. Sicché, nella specie, è stata ritenuta corretta la scelta dell’Amministrazione “di modificare il bando nel senso di operare la selezione dei concorrenti non più solo “a monte”, sulla base cioè dei titoli di studio valevoli quali requisito di partecipazione come nella prima versione del bando, ma anche e soprattutto “a valle”, valorizzando il possesso di titoli esperienziali specifici conseguiti mediante lo svolgimento di attività di servizio assimilabile a quella richiesta dal posto messo a concorso (servizio in biblioteche o come direttore di biblioteche), e, al contempo, ridimensionando il peso dei servizi a carattere non specialistico; nonché valorizzando il possesso di titoli di studio ulteriori rispetto a quelli occorrenti per la partecipazione e aventi, anch’essi, una connotazione specialistica in bibliografia e biblioteconomia”.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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