La Suprema Corte, con una pronunzia della fine del 2023, conferma che la presentazione di una denunzia penale o di un’istanza alle autorità di vigilanza, poi rivelatasi infondate non costituiscono di per sè da sole fonte di eventuali responsabilità in capo a chi le ha presentate. Invero, nella sostanza concordando con la pronunzia di appello, si afferma che “la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio o la proposizione di una querela per un reato perseguibile solo su iniziativa di parte possono costituire fonte di responsabilità civile a carico del denunciante o querelante, in caso di successivo proscioglimento o assoluzione, solo ove contengano sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo del reato di calunnia poiché al di fuori di tale ipotesi l’attività pubblicistica dell’organo titolare dell’azione penale si sovrappone all’iniziativa del denunciante o querelante interrompendo ogni nesso causale tra tale iniziativa e il danno eventualmente subito dal denunciato. Aggiungeva che la presentazione della denuncia di un reato costituisce adempimento di un dovere, rispondente a un interesse pubblico, che risulterebbe frustrato dalla possibilità di andare incontro a responsabilità in caso di denunce semplicemente inesatte o rivelatesi infondate (e richiamava in tal senso Cass. n. 11271 del 2020)”.