E’ di nuovo la sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, della fine del mese di marzo 2023, ad offrire un ulteriore ed interessante spunto di riflessione sui limiti e sugli ambiti del sindacato giudiziale da parte del giudice amministrativo nelle procedure. Invero, dopo aver disatteso alcune censure sul rilievo che la “ricorrente pretenderebbe di invadere, con l’espediente del sindacato giurisdizionale, spazi riservati all’ampia discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice, che sono, invece, intangibili e insindacabili, se non per macroscopico errore fattuale e/o manifesta irragionevolezza/illogicità manifesta o arbitrarietà, vizi che le deduzioni svolte dalla medesima non hanno assolutamente evidenziato.Vorrebbe, in sostanza, inammissibilmente sostituire il proprio giudizio a quello formulato dalla competente Commissione, peraltro in assenza della benché minima c.d. prova di resistenza, richiesta in siffatte ipotesi (Cons. Stato, sez. VI, 21/03/2019, n. 1882)”, il Giudice amministrativo ritiene viceversa fondato il motivo di ricorso che censura la lamentata assenza del previsto (sia pure eventuale) colloquio d’esame dei candidati. Sul punto, richiamata la circostanza che “l’avviso di selezione, oltre a stabilire, attribuendo la relativa facoltà alla Commissione, che “Solo i candidati in possesso dei curricula più qualificati saranno ammessi all’eventuale colloquio”, ha, infatti, precisato a chiare lettere, fissando un espresso limite all’ampia discrezionalità attribuita alla Commissione, che “Il colloquio si svolgerà solo… se in esito alla valutazione dei curricula non vi siano differenze tali da consentire la diretta attribuzione dell’incarico”, si afferma che “anzi, proprio in considerazione dell’esiguissimo divario di punteggio che separa tra loro i primi due candidati, che, ragionevolmente, possono essere entrambi ritenuti in possesso dei curricula risultati più qualificati in esito all’attività di valutazione, lo svolgimento del colloquio si sarebbe dovuto appalesare come appendice procedurale assolutamente dovuta e non quale mera opzione rimessa ad una decisione che – lo dimostrano le risultanze fattuali – oltre ad essere violativa dell’espressa previsione dell’Avviso di selezione e porsi in insanabile contrasto con i principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione e con l’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., è anche palesemente illogica e tale da avere gravemente compromesso la par condicio dei partecipanti”. Insomma “solo un apprezzabile divario di punteggio tra i candidati (ovvero tra il primo graduato e quelli collocati a seguire in graduatoria), tale di per sé da offrire evidente contezza del diverso (e incomparabile) livello della rispettiva qualificazione professionale, avrebbe potuto giustificare la decisione di non sottoporre alcun candidato a colloquio”. Orbene, al di là della condivisibilità o meno della conclusione che sconta inevitabilmente le peculiarità di quel procedimento, la sentenza è davvero significativa del ruolo e dell’importanza della giustizia amministrativa quale strumento, se non altro, di maggiore trasparenza dell’azione delle pubbliche amministrazioni.