Ripensare la responsabilità amministrativa, suggestioni da Corte Cost. 16 luglio 2024 n. 132

Una recente sentenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunziarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, D. L. n. 76 del 2020, che (sino al 31.12.2024) limita la responsabilità commissiva, dei soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile, alle sole ipotesi dolose, sollecita non poche riflessioni sul ruolo e sulla funzione della responsabilità amministrativa.
Invero, dopo averne ripercorso (sia pure in modo succinto) la sua anfibia natura di responsabilità sicuramente risarcitoria connotata da funzioni di deterrenza e di sanzione, il Giudice delle Leggi riesce in modo davvero persuasivo a calarla all’interno dell’amministrazione e del nostro tempo, operando una lettura degli interventi normativi che (a partire dall’art. 1 della legge n. 20 del 1994) ne hanno ridisegnato i confini e gli ambiti applicativi sintonica a quella delle leggi di riforma della pubblica amministrazioni che si sono succedute a partire dall’ultimo decennio del ‘900.
Insomma, se come vedremo (anche in ragione della sua natura temporanea e transitoria) la Corte costituzionale fa salva la disciplina dell’art. 21 del D.L. n. 76 del 2020, ciò che più interessa è il consapevole e dichiarato intento di sottrarre la responsabilità amministrativa al rischio di divenire un “comodo alibi” al non fare. E ciò muovendo dal presupposto che, in un’amministrazione non più mera esecutrice della legge ma che opera e protende al risultato ossia dà risposte proattive alle esigenze economiche e sociali del suo tempo, la responsabilità amministrativa è destinata inevitabilmente a divenire una sorta di mutevole punto di equilibrio fra esigenze diverse.
Infatti, se per un verso non può privarsi della sua funzione deterrente e sanzionatoria rispetto alle condotte dolose ovvero gravemente negligenti dei funzionari e degli amministratori pubblici, per altro verso, spetta proprio al legislatore graduare e modulare tali profili in modo, per quanto possibile, da non ingenerare, per reazione, meccanismi di cd. paura della firma o di burocrazia difensiva.
Ed è indubbio che, della sentenza, colpisce anche un elemento non scontato di “realismo amministrativo” che si coglie appieno ai suoi paragrafi 6.5 e 6.6 ove si ripercorrono la complessità dell’odierna società e di riflesso quella delle sue articolazioni amministrative chiamate spesso ad operare all’interno di un profluvio di norme provenienti da fonti diverse, di non semplice coordinamento ed interpretazione senza, almeno talvolta, neppure avere le risorse umane e strumentali necessarie a governarle ed attuarle.
In questo contesto, se la Corte costituzionale non si spinge sino a espungere la colpa (grave) dall’istituto della responsabilità amministrativa, che altrimenti perderebbe gran parte della sua funzione di deterrenza, è innegabile che essa offra al legislatore suggestioni ed utili consigli al fine di rivederne e riscriverne il ruolo e la funzione.
L’art. 21 del D. L. n. 76 del 2020, con la sua scaturigine da un contesto del tutto peculiare (quello pandemico) e con la sua efficacia dichiaratamente transitoria e funzionale a superare la crisi economica conseguente alla pandemia ovvero a perseguire la realizzazione degli obiettivi del fatidico PNRR, viene non solo fatto salvo, come anticipato, ma diviene l’occasione per invitare il legislatore a ripensare l’intera disciplina della responsabilità amministrativa alla luce della burocrazia difensiva ritenuta un male non meno pernicioso del funzionario infedele o di quello gravemente negligente.
Da qui il pressante invito al legislatore a ricercare un nuovo punto di equilibrio, nella disciplina della ripartizione del rischio tra l’amministrazione e l’agente pubblico, affinché, per l’appunto, la responsabilità erariale costituisca una stimolo al fare (bene) piuttosto che ad indulgere in una sorta di comoda inerzia difensiva che finisce per rallentare ed ingolfare la già piuttosto precaria macchina della nostra pubblica amministrazione.
Il che non significa (su questo la Corte costituzionale è chiara in modo quasi pedagogico) confinare la responsabilità in questione al solo dolo del funzionario pubblico ma introdurre e modulare correttivi che attenuino la fatica dell’amministratore senza far venire meno le molteplici funzioni della prima.
Ed, al paragrafo 11.1 della sentenza, ferma ovviamente l’autonomia del legislatore, vengono enucleate una serie di misure concrete (tratte anche da discipline già esistenti, si pensi all’art.2, comma 3, del D. Lgs. 31 marzo 2023 n. 36 o all’art. 9 della legge n. 24 del 2017 sulla responsabilità sanitaria) cui ispirarsi per cercare questo fatidico ed indubbiamente complesso nuovo centro gravitazionale che contemperi l’agire bene con l’agire in modo sereno e non “angoscioso”.
In particolare, al di là anche della sfuggevole definizione di colpa grave (che per quanto minuziosamente enucleata dal legislatore lascia comunque degli inevitabili margini di incertezza applicativa essendo rimessa anche alla sensibilità “postuma” del singolo organo giudicante), è senz’altro da cogliere con favore l’invito non solo a differenziare l’elemento soggettivo (sino ad arrivare ad escludere in talune ipotesi eccezionali del tutto la responsabilità per colpa), in ragione del diverso settore in cui opera il soggetto pubblico, ma anche ad introdurre un limite massimo al danno risarcibile oltre il quale questo è destinato a rimane comunque in capo all’ente nel cui interesse il dipendente agisce come avvenuto con la legge n. 24 del 2017.
E parimenti è difficile non convenire sull’opportunità di rendere più “trasparente” (ancorandolo ad ipotesi tipizzate) l’esercizio del potere riduttivo della Corte dei conti che, da sempre, costituisce uno strumento di “riequilibrio” e di attenuazione del danno erariale ma che, sino ad oggi, è stato completamente lasciato alla sensibilità ed alla discrezionalità del singolo giudice. Ed ancora senz’altro opportuno appare ancora l’invito ad incentivare la diffusione di meccanismi di protezioni assicurativi, in modo non dissimile da quanto previsto dal nuovo codice dei contratti pubblici, ovvero quello di accrescere il ruolo consultivo e di controllo della medesima Corte di conti così da escludere la responsabilità per colpa di chi, alle sue indicazioni, si sia attenuto.
In conclusione, con uno sguardo che vuole andare ben oltre l’orizzonte contingente che ha indotto il legislatore ad introdurre la disciplina eccezionale dell’art. 21 D.L. n. 76 del 2020 ed a disporne le successive proroghe sino al 31 dicembre 2024, la sentenza costituisce una consapevole risposta ai problemi della burocrazia difensiva di cui si avvertono appieno gli effetti grandemente negativi.
Non rimane, quindi, che vedere se il legislatore sarà in grado di raccogliere tali suggerimenti (ovvero di introdurne di nuovi) così da modulare una “nuova” responsabilità amministrativa che correli la repressione e la sanzione dei danni erariali all’adozione di misure che non finiscano per paralizzare o rallentare le risposte dell’apparato amministrativo alle esigenze della società, ritardando la realizzazione di opere o di servizi indispensabili al benessere ed alla ricchezza collettivi.

A cura di Avv. Mauro Montini

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