I giudici di legittimità sono di recente tornati a pronunciarsi in materia di accomodamenti ragionevoli, giudicando discriminatoria la condotta del datore di lavoro che ha licenziato un lavoratore divenuto inabile allo svolgimento delle proprie mansioni senza ricercare in azienda altre mansioni, anche inferiori, alle quali adibirlo.
In particolare, la Corte ha precisato che, laddove ricorrano i presupposti di applicabilità dell’art. 3, c. 3-bis del D.Lgs. n. 216 del 2003 in tema di parità di trattamento delle persone con disabilità, in caso di sopravvenuta inidoneità alla mansione, sul datore di lavoro grava, non solo l’obbligo di repêchage, ma anche quello di ricercare possibili accomodamenti ragionevoli che consentano il mantenimento del posto di lavoro, ciò nel rispetto del dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione.
Dunque, in casi simili l’azienda è tenuta a fornire prova di avere compiuto ogni operazione possibile per trovare una soluzione organizzativa volta ad evitare il recesso dal rapporto di lavoro, in difetto della quale il licenziamento intimato non potrà che essere dichiarato illegittimo.