Il Tar Lazio-Roma, nella sentenza già commentata del febbraio 2023, affronta anche un tema più squisitamente processuale ma che ha evidentemente riflessi anche sul piano delle tutele sostanziali. Era, invero, accaduto che, nelle more del giudizio, l’efficacia temporale delle graduatorie in cui era collocato il ricorrente era cessata per decorso dei termini di legge, sicché “qualora gli atti impugnati venissero annullati, comunque, l’eventuale assunzione, che è il primario bene della vita a cui mirava la ricorrente, non potrebbe avvenire mediante scorrimento di graduatorie ormai, ex lege, non più efficacii”.Insomma “per effetto, della sopravvenienza normativa, l’interesse all’annullamento degli atti impugnati, in vista di una possibile assunzione mediante scorrimento, non è più, quindi, sussistente”. Nondimeno il Giudice amministrativo ha correttamente ritenuto che residuasse in ogni caso la tutela risarcitoria, atteso “quanto da ultimo stabilito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sent. n. 8/2022), secondo cui “«per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm.»; «una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda».