Nelle società in house non si sfugge all’obbligo dell’accesso mediante concorso

Il reclutamento del personale delle cd. Società in house (ovvero connotate da un rapporto di stretta strumentalità con l’ente o gli enti pubblici che ne detengono la totalità delle quote sociali), a partire dal D.L. n. 112 del 2008 ed oggi con il T.U. delle società “pubbliche” (art. 19 D. Lgs. n. 175 del 2016), avviene secondo i criteri stabiliti dall’articolo 35 del D. Lgs n. 165 del 2001, che impongono l’esperimento di procedure concorsuali o selettive, sicché la violazione di tali disposizioni, aventi carattere imperativo, non consente la conversione di eventuali rapporti di lavoro a tempo determinato illegittimi in rapporti a tempo indeterminato, così come del resto avviene nel rapporto di lavoro pubblico per effetto dell’art. 36 D. Lgs. n. 165 del 2001. Incombe, anche in questo caso, sulle tutele possibili del lavoratore precario pubblico ovvero di quello privato, ma dipendente da una società “in mano pubblica”, l’art. 97 della Costituzione e la (peraltro, solo tendenziale alla luce della mai esaurita stagione delle stabilizzazioni) “sacralità” del concorso pubblico quale unica forma di possibile accesso all’impiego.

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