La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza della fine del mese di luglio 2023, riafferma a chiare lettere che, nel rapporto di lavoro pubblico privatizzato, presupposto ineludibile, ai fini del riconoscimento del diritto al corrispondente trattamento economico, in caso di svolgimento, sia pure di fatto, di mansioni superiori a carattere dirigenziale, è l’esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell’ufficio (al riguardo, tra le prime, va ricordata Sez. L, n. 350 del 2018). Sicché, anche all’interno degli enti locali e della loro specificità organizzativa, siffatta rivendicazione risulta possibile solo e soltanto qualora risulti l’esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell’ufficio, non rilevando a tal fine la mera qualificazione formale della funzione attribuita quale “reggenza”. Insomma un ufficio puo’ essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macrorganizzazione adottati dalla P.A., in quanto e’ alle amministrazioni pubbliche che e’ stato riservato dal legislatore (prima ex Decreto Legislativo n. 29 del 1993, poi con il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, che, quanto agli enti territoriali, rinvia al Decreto Legislativo n. 267 del 2000) il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, individuando quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarita’ degli stessi, provvedendo altresi’ alla individuazione delle piante organiche. Tale qualificazione non può essere operata dall’autorità giudiziaria.