Un dipendente di un Comune è stato privato dell’incarico di posizione organizzativa per effetto di una revoca anticipata e contestuale attribuzione del medesimo incarico al segretario comunale.
Tuttavia, la revoca di tali incarichi, perlomeno all’epoca dei fatti (siamo nel 2005), poteva intervenire per due ipotesi: in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi o per intervenuti mutamenti organizzativi. Con la precisazione che, in tale ultimo caso, la revoca doveva risultare da atto scritto e motivato.
Ma nulla di tutto ciò, secondo la Corte di Cassazione, era ravvisabile nel caso di specie. Da un lato, infatti, la revoca era indirettamente scaturita dall’atto di conferimento dell’incarico al segretario comunale, per effetto del quale il precedente titolare della posizione organizzativa era sostanzialmente privato dei compiti previamente assegnati. Dall’altro, la revoca non risultava ancorata esplicitamente ad un mutamento dell’assetto organizzativo, ma solo alla generica esigenza di assicurare la continuità nella gestione del settore di riferimento.
Invero, per mutamenti organizzativi deve intendersi quelli disposti con atti di macro-organizzazione, con cui sono aggiunte alcune strutture, soppresse altre, accorpate ulteriori e così via. Viceversa, il mero passaggio della direzione di una struttura (immutata) da un soggetto all’altro non può essere considerata una vera e propria “riorganizzazione”.
In definitiva, la Cassazione ha ribadito il principio per cui la revoca deve essere adottata con atto formale, deve essere motivata in modo esplicito e le ragioni organizzative, per costituire legittimo fondamento della revoca anticipata dell’incarico, devono attenere allo specifico settore cui è preposto il lavoratore.