La decadenza dall’azione disciplinare dopo la riforma Madia

I giudici di legittimità sono stati recentemente chiamati ad interpretare l’art. 55 bis, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, secondo il quale il responsabile della struttura “segnala immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza”, in combinato disposto con il comma 9ter della medesima disposizione normativa, a norma del quale la violazione di tale termine “non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell’azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività”.
Secondo la Corte, tali disposizioni si pongono in continuità con l’indirizzo giurisprudenziale precedente alla riforma Madia, che riteneva che la violazione del termine per la trasmissione degli atti non comportasse decadenza, se non nel caso di comprovata violazione del diritto di difesa del dipendente.
Dunque, il principio di tempestività menzionato nella seconda parte del citato comma 9ter deve essere inteso quale espressione coordinata con il criterio della irrimediabile violazione del diritto di difesa, con la conseguenza che – laddove quest’ultimo diritto non sia violato – l’amministrazione non potrà considerarsi decaduta dall’azione disciplinare.

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