Il tema dell’ambito di operatività della garanzia provvisoria è stato oggetto di lungo e annoso dibattito giurisprudenziale che ha condotto da ultimo la Quarta Sezione del Consiglio di Stato a rimettere la questione all’Adunanza Plenaria.
La problematica, da sempre connessa a detto tema, concerne essenzialmente la corretta individuazione del momento a partire dal quale risulta possibile, per la stazione appaltante, escutere la garanzia provvisoria, costituita dal concorrente ai fini della partecipazione alla gara pubblica.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza del 26.04.2022, n. 7, nell’affrontare la questione, ha dapprima ricordato che l’iter procedimentale per l’affidamento al contraente privato della commessa pubblica si scansiona su più fasi cronologicamente e logicamente connesse tra loro: la fase procedimentale, finalizzata alla selezione del migliore offerente che inizia con la partecipazione in gara si conclude col provvedimento di aggiudicazione; la fase provvedimentale, che va dall’aggiudicazione alla stipulazione del contratto; la fase costitutiva di stipulazione del contratto; ed infine la fase esecutiva di adempimento delle obbligazioni contrattuali.
Orbene, il Codice dei contratti pubblici accompagna la fase procedimentale e la fase esecutiva da un sistema di “garanzie provvisorie” e “garanzie definitive”. Infatti, relativamente alla garanzia/cauzione provvisoria, l’art. 93, comma 6 del D.Lgs. 50/2016 stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.
Il Supremo Consesso, in seduta plenaria, ha invero fondato la propria argomentazione su tale presupposto normativo, chiarendo come non solo da una lettura letterale, ma altresì teleologica e sistematica della normativa, sarebbe chiaro come il Legislatore abbia inteso “delimitare l’operatività della garanzia al momento successivo all’aggiudicazione”, predisponendo così “un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione”.
La conclusione a cui è giunto il Giudice Amministrativo è nel senso che l’escussione della garanzia provvisoria è ammissibile solo nel caso in cui il concorrente, già divenuto aggiudicatario, non possa comunque procedere alla conclusione del contratto in quanto privo dei requisiti di partecipazione ovvero inadempiente nella stipula del contratto. Per dette ipotesi l’escussione non è solo necessaria ma altresì doverosa, realizzandosi di fatto la finalità sottesa alla garanzia provvisoria, ossia quella di ristorare i danni cagionati alla stazione appaltante dal concorrente. Quest’ultimo ha infatti non solo sostanzialmente vanificato l’attività sino ad allora espletata dall’Amministrazione, ma ha determinato la necessità di un’attività ulteriore a carico dell’Ente, consistente nell’annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione e conseguente rinnovazione il procedimento con regressione alla fase della “proposta di aggiudicazione”.
Tuttavia, dette finalità risarcitorie non sussistono prima del momento dell’aggiudicazione, fase in cui gli esiti non si sono cristallizzati. Invero, sino a tale momento, lo stato di avanzamento della procedura è tale per cui, anche in caso di inadempimento del concorrente primo graduato, l’Amministrazione non è costretta ad esercitare alcun potere di annullamento in autotutela, potendosi piuttosto limitare a non adottare disporre alcuna aggiudicazione ovvero a proporre come aggiudicatario un diverso concorrente. In tale contesto la condotta del concorrente non rileva ai fini dell’escussione della cauzione, ma al più può disvelare eventuali profili di responsabilità precontrattuale ai sensi degli artt. 1337-1338 c.c.
La conclusione a cui è addivenuto il Supremo Consesso risulta, a parere di chi scrive, del tutto condivisibile in quanto adeguatamente supportata da un’interpretazione testuale della normativa di riferimento la quale, come detto, circoscrive l’operatività della garanzia provvisoria al momento “dopo l’aggiudicazione”. Pertanto, ogni diversa lettura avrebbe senz’altro sollevato dubbi di compatibilità col dettato normativo.
Ma ancor più apprezzabile sembra l’argomentazione sistematica condotta dal Giudice alla luce della finalità sottesa alla cauzione provvisoria, in relazione al danno patito dalla stazione appaltante per la mancata adozione del provvedimento di aggiudicazione. Il Collegio si è correttamente avveduto di come, prima dell’aggiudicazione, gli esiti della gara non si siano ancora cristallizzati e l’ente appaltante non sia tenuto ad alcuna attività ulteriore rispetto a quella sino ad allora svolta e conclusasi con la graduatoria delle offerte, ancora perfettamente utilizzabile (ancorché privata del primo graduato). In questi termini difetterebbe il concreto danno a carico della stazione appaltante, quale presupposto indefettibile per l’escussione della garanzia.