Incompatibilità (ex art. 53 d. lgs. n. 165 del 2001) e restituzione delle somme non autorizzate: che succede se il terzo non collabora?

Torniamo ancora sulla sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia del marzo 2023 che affronta davvero delle problematiche di rilievo con riferimento alla disciplina dell’art. 53 D. Lgs. 30.3.2001 n. 165 ed al correlato obbligo restitutorio in caso di violazione del dovere di esclusività. Era, difatti, accaduto che le Università straniere, presso le quali il docente (poi dichiarato decaduto) aveva assunto incarichi di docenza in violazione dell’art. 6 comma 12 L. 240/2010 e dell’art. 53 comma 1 del D.lgs. 165/2001, avevano “frapposto ostacoli finanche alla comunicazione dell’esatto importo erogato al ricorrente nei periodi oggetto di indagine”. Sicché è stato ritenuto che “Altra alternativa non ha, pertanto, avuto l’Università intimata, “se non quella di rivolgersi direttamente al soggetto percettore delle somme indebitamente corrisposte dalle amministrazioni straniere, ossia all’odierno ricorrente, come peraltro espressamente stabilito dallo stesso comma 7 del citato articolo 53”. La facoltà assentita dalla norma e, di fatto, esercitata parrebbe, del resto, trovare conforto e conferma nella “stessa previsione legislativa di cui all’art. 53 comma 7-bis del D. Lgs. n. 165/2001: infatti, se non fosse possibile per l’Amministrazione richiedere direttamente al percettore la restituzione dei compensi illegittimamente percepiti, allora la norma secondo la quale <<l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti>> rimarrebbe del tutto priva di senso”. Quanto all’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 7, del d. lgs. n. 165/2001, l’Università ha evidenziato che la Corte Costituzionale si è già pronunciata sul punto, “dichiarando la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma”. Segnatamente – evidenzia il Collegio – la Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio – 17 marzo 2015, n. 41, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 36, primo comma, 41, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione. Con successiva ordinanza 29 aprile – 26 maggio 2015, n. 90, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Bergamo e, in riferimento all’art. 36, primo comma, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia”.

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