In un concorso pubblico la mancata pubblicità di un atto ne determina la illegittimità?

In una sentenza del 13 febbraio 2021 il TAR Lazio- Roma mostra di aderire al consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui “per principio pacifico la mancata pubblicità di un atto non ne determina mai l’illegittimità, incidendo solo sulla sua conoscenza legale e sulla decorrenza del termine per una sua eventuale impugnazione” (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sezione IV, n. 5137 del 2015). In altri termini, secondo il Giudice amministrativo di Roma “è ormai ius receptum che nessuna delle forme di pubblicità richieste dalla legge, ai diversi fini perseguiti dalle norme in tema di trasparenza nella p.a., costituisce “elemento essenziale” dell’atto di nomina dei commissari di gara, la cui mancanza – analogamente alla violazione degli obblighi di forma prescritti appunto per gli atti formali – ne causi l’illegittimità o, addirittura, la nullità. La procedura di gara può essere inficiata soltanto dall’effettiva esistenza, in concreto, delle situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi che l’adempimento dei detti obblighi di trasparenza e di pubblicità mira soltanto a prevenire, favorendo la conoscenza (o conoscibilità) delle diverse situazioni ivi considerate (cfr. in termini Cons. Stato, Sezione V, n. 283 del 2019 e, nello stesso senso, Cons. Stato, Sezione IV, n. 5148 del 2021)”. Sicché, anche nelle procedure concorsuali, l’eventuale mancata pubblicità degli atti di conferimento di incarico, degli atti di nomina e delle autodichiarazioni volte ad escludere eventuali incompatibilità o conflitti di interesse, costituisce una mera irregolarità non invalidante, irregolarità che – in assenza di effettivi motivi di incompatibilità (nella specie assenti) – mai potrebbe condurre ad una pronunzia caducatoria.

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