Il principio di onnicomprensività e la libera professione intramuraria “in aggiuntiva”: quant’è difficile avere ragione.

La Suprema Corte è intervenuta, pochi giorni fa, a comporre una controversia che coinvolgeva uno degli enti del SSR della nostra Regione ed uno suo dirigente medico il quale aveva rivendicato il diritto a ottenere i compensi per la libera professione resa in regime di intramoenia e, più, precisamente, nella forma della cd. aggiuntiva. Ribaltando le diverse conclusioni dei giudici di primo grado e di appello la Corte di Cassazione stabilisce che il rapporto di lavoro della dirigenza medica non si sottrae al principio di onnicomprensività dello stipendio (ex art. 24 D. Lgs. n. 165 del 2001), sicché anche eventuali prestazioni eccedenti l’impegno ordinario, sono di norma destinate a confluire ed essere remunerate dalla retribuzione di risultato. Al di là dei non pochi formalismi della sentenza e probabilmente della sua lontananza dalla realtà del lavoro medico quotidiano, essa richiama l’attenzione dei dirigenti sanitari del SSN sul fatto che l’attività libero professionale intramuraria in tanto può essere svolta e retribuita, in quanto sia resa nel rispetto delle condizioni previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva “sicché ha sicuramente errato la Corte territoriale nel valorizzare circostanze di mero fatto, che non assumono rilievo nella fattispecie, sia in ragione della diversità del soggetti giuridici coinvolti (si è già detto dell’autonomia dell’ISPO rispetto al CSPO) sia in considerazione della necessaria negoziazione annuale dei limiti prestazionali nonché dell’imprescindibilità delle ulteriori condizioni alle quali è subordinata la corresponsione del compenso”.

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