La Suprema Corte ha da tempo chiarito, ed anche di recedente confermato, che la disciplina dell’art. 2096 c.c. non si applica ai lavoratori pubblici sicché il contratto individuale sottoscritto dal dipendente e dalla P.A. non può regolare i contenuti della prova in modo difforme dalle previsioni vincolanti della legge e della contrattazione collettiva.
Per il resto, quanto alla natura del potere che il datore di lavoro pubblico esercita ed ai limiti del sindacato giudiziale, valgono i medesimi principi affermati per l’impiego privato. Ne consegue che il giudizio discrezionale che l’amministrazione esprime, una volta decorso il periodo di prova, non è sindacabile nel merito. Anche l’obbligo di motivare il recesso, previsto dalla contrattazione collettiva, non esclude la discrezionalità dell’ente e neppure consente di omologare il mancato superamento della prova al licenziamento per giusta causa o giustificato motivo. In conclusione stretta è la via per la sua contestazione, visto che il lavoratore ha l’onere di dimostrare e di provare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione dell’esperimento medesimo.