Nella sentenza dell’aprile 2023 già richiamata in altra news, la Suprema Corte interviene anche su un profilo di particolare interesse correlato allo svolgimento di fatto di mansioni superiori inerenti lo svolgimento di funzioni dirigenziali o latu sensu dirigenziali, come quelle relative agli incarichi di posizione organizzativa. Viene, in particolare, richiamato quanto affermato nella decisione n. 19772/2022 nella quale e’ stata data continuita’ al principio secondo cui, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 52, comma 5 non e’ condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimita’ di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, ne’ all’operativita’ del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualita’ del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’articolo 36 Cost. (Cass. n. 2102/2019; conformi, fra altre: Cass. n. 18808/2013; Cass. n. 14775/2010). Sicché, nel pubblico impiego privatizzato, la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale e individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilita’ che giustificano il riconoscimento di un’indennita’ aggiuntiva; ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilita’, la mancanza o l’illegittimita’ del provvedimento formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che e’ diretto a commisurare l’entita’ della retribuzione alla qualita’ della prestazione resa (Cass. n. 8141/2018)”.