I precari non sono tutti uguali: una discutibile sentenza delle sezioni unite della corte di cassazione sulla decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi dei dipendenti pubblici

La specialità del rapporto di lavoro pubblico continua ancora ad abbattersi sui diritti dei lavoratori precari. Invero è di pochi giorni fa la sentenza della Corte di Cassazione Sezione Unite del 28 dicembre 2023 n. 36197 che aderisce e consolida l’orientamento che, da tempo, afferma che “La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato decorre sempre – tanto in caso di rapporto a tempo indeterminato, tanto di rapporto a tempo determinato, così come di successione di rapporti a tempo determinato – in costanza di rapporto (dal momento di loro progressiva insorgenza) o dalla sua cessazione (per quelli originati da essa), attesa l’inconfigurabilità di un metus. Nell’ipotesi di rapporto a tempo determinato, anche per la mera aspettativa del lavoratore alla stabilita’ dell’impiego, in ordine alla continuazione del rapporto suscettibile di tutela“. Si tratta di una soluzione nient’affatto appagante se non in una chiave da “ragion di Stato” diretta a contenere gli effetti sulle risorse pubbliche delle rivendicazioni dei lavoratori pubblici. Invero, in attesa di eventuali successivi ripensamenti da parte della stessa Suprema Corte magari sollecitata dalla giurisprudenza di merito, v’è anche da chiedersi se non vi siano spazi per un eventuale remissione alla Corte di Giustizia EDU di una questione che potrebbe violare il principio di non discriminazione essendo del tutto assertivo ed indimostrato che il lavoratore pubblico, in specie quello precario, non rimanga in una situazione di perdutante metus proprio ed alla luce del fatto che il suo rapporto di lavoro neppure è presidiato dal diritto alla trasformazione a tempo indeterminato.

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