La Corte di Cassazione, con ordinanza del giugno 2021, ha affermato che nel pubblico impiego privatizzato il lavoratore adibito a turni ha comunque diritto al buono pasto a prescindere dal fatto che la pausa per il pranzo avvenga in fasce orarie diverse rispetto a quelle normalmente destinate alla sua consumazione.
Nel caso di specie, ad un lavoratore turnista dipendente di un’Azienda Ospedaliera erano stati negati i buoni pasto in quanto l’articolazione temporale dei turni di lavoro (13.00 – 20.00 e 20.00 – 7.00) gli impediva la fruizione del servizio mensa. Insomma, nell’ottica dell’Azienda datrice di lavoro, se il dipendente non può andare a mensa, in quanto chiusa, neppure ha diritto ai buoni pasti.
La Suprema Corte ha, viceversa, riconosciuto il diritto ad usufruire della pausa, a prescindere dal fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell’inizio del turno. Difatti, l’attribuzione del buono in questione, in quanto agevolazione di carattere assistenziale, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa.