Con sentenza del maggio 2022 il Consiglio di Stato ha chiarito i tratti distintivi tra il contratto d’appalto e la somministrazione di personale.
Segnala il Giudice di Palazzo Spada che il contratto di appalto si caratterizza dalla circostanza che l’appaltatore assume in sé:
a) il potere di organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta;
b) il potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa;
c) il rischio di impresa (si veda in tal senso l’art. 29 del d.lgs. 276/2003, il quale recita: “Ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione di mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa”).
I richiamati profili qualificatori si compendiano nel fatto che attraverso il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, secondo lo schema dell’obbligazione di risultato.
Nel contratto di somministrazione, al contrario, l’agenzia invia in missione dei lavoratori, che svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore, secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi.
Da ciò ulteriormente consegue che nel contratto di appalto i lavoratori restano nella disponibilità della società appaltatrice, la quale ne cura la direzione ed il controllo, mentre nella somministrazione è invece l’utilizzatore che dispone dei lavoratori, impartendo loro le direttive da eseguire.