La vicenda giudiziaria tra origine da un decreto emesso dal Questore di Perugia con il quale veniva ordinata la cessazione dell’attività, qualificata come “illecita”, consistente in un servizio telefonico di cartomanzia.
Il Consiglio di Stato, premesso che l’ordinamento giuridico vieta espressamente il mestiere di ciarlatano, ha rilevato che tale non può essere considerata la cartomanzia, che anzi è presa espressamente in considerazione da diverse norme interne. Da ciò ne può essere ricavata la liceità, ma solo laddove sia svolta con modalità non truffaldine o comunque inidonee ad abusare della credulità popolare.
In altre parole, finché la prestazione cartomantica viene offerta nella sua reale essenza ed il corrispettivo pattuito conserva un ragionevole equilibrio con la stessa, non si pongono particolari esigenze tali da far dubitare della sua liceità.
Laddove, invece, alla stessa vengano attribuite proprietà prodigiose o taumaturgiche e, facendo leva su di esse, sia richiesto un corrispettivo sproporzionato rispetto alla sua valenza meramente “consolatoria”, potrà dirsi integrata l’ipotesi (vietata) della “ciarlataneria”.