Ancora sul diritto al pagamento delle ferie residue al momento della cessazione (anche per dimissioni) del rapporto di lavoro

Non si placa la profonda e sostanziale riscrittura della disciplina dell’art. 5 D.L. n. 95 del 2012 che, nelle intenzioni del legislatore dell’epoca, in una logica di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, poneva un apparente granitico ed insuperabile divieto di monetizzazione delle ferie dei dipendenti pubblici. Orbene, dopo una giurisprudenza interna che ha ridimensionato e non poco la cogenza del divieto tutte le volte che la PA non alleghi e dimostri di aver invitato il lavoratore a fruire delle ferie negli anni di maturazione delle medesime, interviene anche la Corte Corte di Giustizia dell’Unione europea con la recentissima sentenza del 18 gennaio 2024 n. 218/22, ponendo nella sostanza la parola fine alla insuperabilità della preclusione che il legislatore interno del 2012 aveva inteso opporre al fenomeno della monetizzazione delle ferie. Invero si afferma che “che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà”. Insomma, trova il suggello anche della Corte EDU quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie si può escludere solo nel caso in cui il lavoratore si sia astenuto dal fruire dei suoi giorni di ferie in modo pienamente consapevole e nonostante l’esplicito invito del datore di lavoro a fruirle con la contestuale avvertenza del rischio di perdere tali giorni ove non goduti entro un determinato periodo.

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