Il TAR del Lazio-Roma, chiamato a pronunciarsi su una controversia scaturita dalla revoca dell’assunzione a tempo determinato dell’addetta ad un ufficio per il processo e sulla correlata « risoluzione del rapporto di lavoro con efficacia immediata», con sentenza del 17 gennaio 2024, afferma in modo non del tutto persuasivo la propria giurisdizione sul rilievo che “il presente giudizio ha ad oggetto un provvedimento autoritativo adottato dall’amministrazione resistente nell’esercizio dei poteri pubblicistici inerenti lo svolgimento di una procedura concorsuale. Infatti, quand’anche descritto come recesso, l’atto di gravato costituisce l’esito del procedimento di verifica dei requisiti di partecipazione al concorso. 8.2. Appare opportuno evidenziare come il bando di concorso prevedeva, ai fini della partecipazione e sub pena d’esclusione, il possesso delle «qualità morali e di condotta di cui all’art. 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» (v. art. 2, comma 1, lett. e), bando di concorso): tale requisito, veniva accertato successivamente allo svolgimento della procedura solo per chi risultava utilmente collocato in graduatoria (v. art. 4, comma 10, del bando), riservandosi il Ministero di «non procedere all’assunzione o di revocare la medesima, in caso di accertata mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti richiesti per la partecipazione al concorso» (art. 14, comma 5, del bando da leggere in combinato disposto con l’art. 2, comma 6). 8.3. Risulta quindi chiaro come la cessazione del rapporto lavorativo non sia esercizio dei poteri del privato datore di lavoro, bensí conseguenza della riscontrata assenza di un requisito di partecipazione alla procedura concorsuale, in relazione alla quale è pacifica la sussistenza della giurisdizione amministrativa (v. art. 63, comma 4, d.lgs. 165/2001)”.