Regolamento degli onorari degli avvocati pubblici e criteri di riparto dei compensi

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 3 gennaio 2025, torna ad interrogarsi sulla disciplina dell’’art. 9 comma 5 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, a tenore del quale“I regolamenti dell’Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l’altro della puntualità negli adempimenti processuali. I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo princìpi di parità di trattamento e di specializzazione professionale”. Orbene, il Supremo Consesso della Giustizia amministrativa dopo aver precisato che “la disposizione concretizza il principio secondo cui professionale e indipendenza che devono caratterizzare l’operato degli avvocati dipendenti di Enti pubblici non impedisce che gli enti valutino le relative prestazioni, purché tale attività valutativa sia svolta secondo necessari canoni di oggettività, terzietà e indipendenza” precisa altresì che “Gli indicatori definiti per la valutazione delle prestazioni, allo scopo di ripartire i compensi, ben possono misurare la tempistica degli adempimenti e di per sé non sono tali da incidere sulle scelte tecnico defensionali proprie dell’avvocato o sulle altre prerogative sulle quali si misura in concreto l’autonomia e l’indipendenza nell’esercizio dell’attività professionale”. Ed è proprio muovendo da tali premesse che , nel caso di specie, è stata censurata la previsione di un regolamento comunale tacciata di un eccesso di genericità circa i criteri di ripartizione delle somme recuperate in proporzione alla produttività ed alla previsione di decurtazioni per tre tipologie di possibili negligenze professionali. Invero ha concluso il Consiglio di Stato “il Comune, nell’esercizio della propria discrezionalità, può fissare un criterio di riparto diverso per le due fattispecie purché tale criterio sia esplicitato” nondimeno “a fronte della puntuale indicazione dei criteri di decurtazione, l’Amministrazione non ha specificato i criteri di ripartizione delle spese recuperate in maniera proporzionale al rendimento individuale…Manca, in definitiva, nell’art. ….. del regolamento, un criterio di misurazione del rendimento individuale con conseguente violazione dell’art. 9 comma 5 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 che prevede che i criteri siano oggettivamente misurabili”.

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