La riserva dei posti a favore degli interni, nei concorsi per dirigenti (ex art. 28, comma 1 ter, d. lgs. n. 165 del 2001), si applica alle università?

Il TAR Campania- Napoli, con sentenza del 10 giugno 2024, affronta un tema di non poco rilievo relativamente all’esatto ambito di applicazione dell’art. 28, comma 1 ter, inserito dall’articolo 3, comma 3, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2021, n. 113, da ultimo modificato dall’articolo 28-ter, comma 1, lettera a) del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla Legge 10 agosto 2023, n. 112, che così recita: “1-ter. Fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, ai fini di cui al comma 1, una quota non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate è riservata da ciascuna pubblica amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell’area o categoria apicale. Il personale di cui al presente comma è selezionato attraverso procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, (…).”.Orbene il TAR Campania, premesso che “l’art. 28, comma 1 ter, tu pubblico impiego, nel prevedere l’invocata riserva del 30 per cento per i concorsi interni, si rivolge evidentemente alle sole “procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione” conclude in senso negativo. Si afferma, difatti, che non vale, in contrario, invocare le linee guida, approvate con Decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione in data 22 settembre 2022, “in quanto esse si limitano ad affermare che: “Le tipologie di procedure sopra descritte riguardano direttamente le amministrazioni centrali. Per le altre amministrazioni, e in particolare per gli Enti territoriali, sussistono i margini di autonomia previsti dai rispettivi ordinamenti e, per il reclutamento da parte delle Regioni, dal Titolo V della Costituzione. Tuttavia, come già detto, i principi che informano la disciplina introdotta dai commi 3 e 4 dell’art. 3 del D.L. 80/2021 possono e devono ispirare le procedure di reclutamento di tutte le pubbliche amministrazioni, anche per il tramite delle presenti Linee guida, definite d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.lgs. 281/1997. In questa prospettiva si ritengono dunque applicabili anche alle amministrazioni diverse da quelle centrali i principi relativi all’esigenza di definire nel bando gli ambiti di competenza da valutare e la previsione della valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali, finalizzate alla loro osservazione e valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti”. Anzi prosegue il Giudice amministrativo “inesse (cfr. punto 1.3. Accesso alla dirigenza nelle altre amministrazioni) non si fa menzione del tema della assunzione di una quota del 30 per cento dei dirigenti mediante procedure riservate agli interni. Né il Collegio ritiene che possa essere tratto dalla disciplina vigente un obbligo delle università di uniformarsi al Capo II – Sezione I, del TU del pubblico impiego, anche con riferimento alla norma in esame, trattandosi evidentemente di una disposizione che fa riferimento alle modalità di selezione della dirigenza e che non può non essere declinata tenendo conto delle specificità della amministrazione interessata, tenuto conto in particolare che nelle università il numero dei dirigenti non è, di norma, molto elevato. Deve pertanto dissentirsi dalla prospettazione di parte ricorrente, secondo la quale le Università sarebbero vincolate a recepire l’art. 28 comma 1 ter, non residuando nemmeno una discrezionalità nel definire una soglia inferiore al 30 per cento fissata dal legislatore statale. Anzi si ritiene che proprio per la questione in esame debbano essere riconosciuti margini di discrezionalità ampi alle Università, considerato anche il numero non rilevante delle posizioni dirigenziali previste nei vari organigrammi”.

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