Il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 15 febbraio 2023, interviene sulla controversa questione della sussistenza o meno di un diritto al collocamento in aspettativa da parte del dirigente sanitario, in caso di assunzione a temine in altro ente, secondo la disciplina dell’art. 10 del CCNL del 10.02.2004 dell’Area della dirigenza medica; disposizione che, sia detto per inciso, risulterebbe tuttora vigente. Orbene si afferma, in modo persuasivo, che “L’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 10 in esame non consente altra lettura se non quella proposta da parte ricorrente ovvero che, nelle sole tre ipotesi di cui al co.8, la PA di appartenenza non abbia alcuna discrezionalità nel concedere o no l’aspettativa richiesta dal dirigente, potendosi limitare a verificare che ne sussistano i presupposti in fatto. Nel caso di specie, non è in contestazione la ricorrenza del presupposto di cui alla lett. b) del citato art. 10… Né a diversa lettura può pervenirsi sulla scorta delle ragioni espresse nella sentenza della Corte di Cassazione n. 4878/15, unico arresto assimilabile per quel che consta. Si rileva in proposito, innanzitutto, che tale sentenza esaminava il testo vigente del CCNL in materia di aspettativa ovvero l’art. 12 dell’Accordo 20 settembre 2001, integrativo del C.C.N.L. del personale relativo al comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999. La norma in esame riguarda invece l’applicazione del medesimo istituto relativamente ai rapporti dei dirigenti del servizio sanitario ed il riferimento è dunque al CCNL dell’area della dirigenza medica e veterinaria stipulato il 10.2.2004, integrativo di quello stipulato l’8 giugno 2000. La sentenza sopra ricordata richiamava in particolare l’art. 31 dell’Accordo del 20 settembre 2001, inserito nel Capo 1^, intitolato “Rapporti a termine” e sotto la rubrica “Assunzioni a tempo determinato”, con una formulazione letterale che ricalca in modo pressoché testuale l’art. 27, co. 5, del CCNL 1995, come integrato dal C.C.N.L. 22 maggio 1997, al comma 15. Tale norma prevede quanto segue: “Al dipendente a tempo indeterminato, può essere concesso dall’azienda o ente di provenienza un periodo di aspettativa, ai sensi dell’art. 12, comma 8, lett. b) del presente contratto, per la durata del contratto di lavoro a tempo determinato eventualmente stipulato con la stessa o altra azienda o ente del medesimo o di altro comparto”….L’art. 10 detta dunque una nuova disciplina specifica in tema di aspettativa che è autonoma e indipendente rispetto a quella dell’intero comparto sanità, richiamata da parte resistente con la citata (e peraltro isolata) sentenza della S.C., che deve dunque ritenersi relativa a fattispecie differente. In particolare, l’art. 10 co. 8 utilizza una chiara espressione letterale (“è altresì concessa”) che vale a distinguere l’ipotesi di cui al co. 1 – ove, l’aspettativa richiesta per mere esigenze personali o di famiglia deve contemperarsi con l’esigenza di carattere generale volta ad assicurare il buon andamento della P.A. e dunque sottostare alla compatibilità “con le esigenze di servizio” – da quella in cui ricorra uno dei tre casi, preventivamente contemplati, che valgono a qualificare in modo peculiare, rafforzandole, quelle mere esigenze personali o di famiglia di cui al co. 1.”.