Il TAR Emilia Romagna-Bologna, nello scrutinare un motivo di ricorso volto alla contestazione del punteggio assegnato dalla commissione esaminatrice di un concorso pubblico, con sentenza del 24 luglio 2024, traccia un vero e proprio vademecum delle possibilità di contestazione giudiziale dei giudizi espressi da una commissione esaminatrice, affermando “la giurisprudenza, anche di recente, ha più volte ribadito che ai fini della contestazione del giudizio negativo di una prova scritta di un concorso, la perizia di parte, così come un parere pro veritate non può essere contrapposta all’attività di valutazione della commissione connotata da discrezionalità tecnica. Valutazioni di tale genere sono sostanzialmente irrilevanti ai fini di confutare il giudizio della commissione, in quanto spetta a quest’ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e, a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo” (Consiglio di Stato, sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3235, che richiama Consiglio di Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4331; id., sez. III, 24 maggio 2021, n. 4018; in senso analogo anche Consiglio di Stato, sez. VII, 4 aprile 2024, n. 3070); è, inoltre, consolidato l’orientamento secondo cui “le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile” (Consiglio di Stato, sez. III, 8 marzo 2023, n. 2418, che richiama Consiglio di Stato, sez. III, 23 febbraio 2021, n. 1568) e “il giudizio della Commissione in materia di prove concorsuali comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attenendo alla sfera della discrezionalità tecnica. Pertanto, il sindacato nei confronti degli atti di correzione di tali prove è limitato al riscontro di evidenti errori di fatto e di giudizio da parte della Commissione, che lascino intravedere il manifesto travisamento dei fatti sui quali il giudizio è stato svolto, oppure la manifesta illogicità o irragionevolezza del compimento di questa attività” (Consiglio di Stato, sez. III, 14 settembre 2023, n. 8319, che richiama Consiglio di Stato, sez. III, 18 maggio 2023, n. 4962, id., sez. VI, 30 agosto 2018, n. 5117, id., 6 febbraio 2017, n. 492); ne consegue che il giudice non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione, se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica, vizio la cui sostanza non può comunque essere confusa con l’adeguatezza della motivazione (in tal senso Consiglio di Stato n. 3070/2024 cit.; id., sez. IV 18 giugno 2029, n. 4127); in relazione alla sufficienza del voto numerico, è stato assai di recente ribadito che “Il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato e la significatività delle espressioni numeriche del voto, sotto il profilo della sufficienza motivazionale in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto” (Consiglio di Stato, sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3235)”.
13 Gennaio 2025 | concorso pubblico, genere