Polizia penitenziaria e dovere di protezione ex art. 2987 c.c.

Il TAR della Toscana, con un’interessante sentenza dei primi giorni di novembre 2024, interviene su un tema non troppo consueto alla giurisprudenza amministrativa. Infatti, nell’ambito di un contenzioso che concerneva il rapporto di lavoro di un agente di polizia penitenziaria, pur ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova dell’esistenza di una situazione lavorativa avversativa (ovvero di mobbing) ha nondimeno ritenuto sussistente la responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., aderendo in modo convinto alla giurisprudenza lavoristica della Suprema corte secondo la quale “è obbligo del datore di lavoro garantire che l’ambiente di lavoro sia sano e corretto (sul punto, si richiama di nuovo, Cass. sez. lav., 26 febbraio 2024, n. 5061)” (cfr. anche i precedenti del Consiglio di Stato menzionati nella stessa sentenza: Cons. Stato, sez. II, 18 novembre 2022, n. 10161, che richiama Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 2015, n. 1282). In altre parole, secondo il TAR della Toscana “pur escludendo l’ipotesi di vero e proprio mobbing, il Collegio, alla luce della documentazione depositata in giudizio…., ritiene che, nel caso in esame, sussistano elementi tali da far ritenere che la ricorrente abbia subito comportamenti ostili nell’ambiente di lavoro e che, pertanto, la stessa sia stata costretta a lavorare in un contesto non rispettoso dei canoni di cui all’art. 2087 c.c., così come asserito dalla ricorrente medesima”. Orbene, muovendo da tale presupposto, il Giudice amministrativo ha, quindi, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, aderendo sul punto alle conclusioni della consulenza tecnica disposta in corso di causa.

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