Il Tribunale di Grosseto, con un’interessante sentenza del 30.10.2024, al termine di un’invero complessa vicenda contenziosa che si è dipanata anche innanzi al TAR del Lazio, pur ritenendo che, nella specie, fosse stata raggiunta la prova dell’origine lavorativa della malattia (l’asbetosi) neppure esclusa dal fatto che si trattasse di un soggetto tabagista, rigetta la domanda risarcitoria atteso che “difetta l’esecuzione di attività che vadano oltre i normali compiti di servizio e individuazione di quel “quid pluris” costituito dalle “particolari condizioni ambientali od operative”. Le mansioni svolte dall’interessato non si sono infatti concretizzate in attività pericolose per circostanze eccezionali (cfr. Cass. Sez. lavoro n. 22686/2018; Cass. Sez. lavoro n. 24592/2018). L’esposizione ad amianto, secondo la S.C., non comporta di per sé il riconoscimento della qualifica di vittima del dovere.Nel solco dei più recenti e condivisibili arresti, va invero riconosciuto che, per quanto la disciplina prevista a tutela delle vittime del dovere consenta un allargamento della tutela in presenza di condizioni di lavoro in situazione di illegittimità che ledano il diritto alla salute e causino malattie professionali, deve pur sempre individuarsi un netto discrimine tra lo svolgimento ordinario del servizio e le particolari condizioni ambientali od operative legate a circostanze straordinarie che generano un rischio superiore a quello proprio dei compiti di istituto.Ne deriva che pur in presenza di una esposizione con ragionevole giudizio di possibilità/probabilità circa l’origine lavorativa della patologia dello deve escludersi il riconoscimento dei benefici connessi alla qualifica di vittima del dovere”.
22 Novembre 2024