È illegittimo il licenziamento del lavoratore spiato dall’investigatore privato

La vicenda trae origine dalla contestazione disciplinare mossa nei confronti di un dipendente, la cui attività lavorativa era connotata da una certa flessibilità riguardo all’orario ed alla sede di svolgimento, cui era stato contestato di essersi allontanato dal luogo di lavoro. Erano, infatti, stati registrati, mediante controlli effettuati da un detective privato, incontri estranei all’area di lavoro e non connessi all’attività lavorativa.
La Corte di Appello ha ritenuto legittimi i controlli effettuati mediante agenzia investigativa, avuto riguardo alla posizione del lavoratore, dipendente di una banca, nell’ambito di un rapporto richiedente un più rigoroso rispetto dell’obbligo di fedeltà e dei correlati canoni di diligenza e correttezza.
La Corte di Cassazione, viceversa, ha affermato che il datore di lavoro può rivolgersi a soggetti terzi per lo svolgimento di attività di controllo sui propri dipendenti, ma ciò solo nei limiti relativi all’accertamento di eventuali illeciti. Tale principio è stato costantemente ribadito, affermandosi che le agenzie investigative non possono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori.
In definitiva, il controllo esterno deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore, non potendo riguardare il mero inadempimento dell’obbligazione.

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