La Corte di Appello di Firenze si è recentemente pronunciata in relazione alla legittimità del recesso ante tempus di un Comune dal contratto di lavoro subordinato a termine stipulato con il proprio direttore generale.
Nel caso di specie, il recesso era stato motivato con un assunto inadempimento da parte del direttore generale, che sarebbe stato tale da interrompere definitivamente il rapporto fiduciario con il Sindaco.
Secondo la Corte di Appello, il direttore generale, per quanto figura di raccordo tra politica e livello amministrativo, non è un organo politico, bensì un dirigente. Tale considerazione consente di ritenere applicabile anche al direttore generale le norme sulla revoca degli incarichi dirigenziali.
D’altronde, osserva il Collegio che consentire nel rapporto di lavoro del direttore generale il recesso ad nutum (come avvenuto nel caso di specie) rischierebbe di porre nel nulla il principio della separatezza tra decisori politici e gestione amministrativa, immanente a tutto il sistema degli enti locali. Ciò, infatti, lascerebbe il direttore generale – cui ai sensi dell’art. 108 del D. Lgs. n. 267 del 2000 rispondono, nell’esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell’ente – completamente soggetto alle determinazioni degli organi politici, che potrebbe comunque, in caso di seppur lievi divergenze, disporne la revoca.
Viceversa, il rispetto delle regole della responsabilità disciplinare e dirigenziale non impedirebbe all’amministrazione di far valere la cessazione della relazione fiduciaria (come potrebbe avvenire, ad esempio, in caso di grave violazione delle direttive del Sindaco).