Il meccanismo di scelta dei direttori di struttura del SSN è tuttora uno degli esempi più emblematici delle possibili distorsioni che accompagnano sovente il momento di selezione dei dirigenti apicali degli enti pubblici aggravato, se possibile, dalla natura specialistica e tecnica di una simile dirigenza che, in un mondo “normale”, dovrebbe, quindi, essere valutata pressoché esclusivamente sul piano dei soli risultati tecnici e professionali.
In attesa che la legge sulla concorrenza, attualmente in corso di approvazione, ponga (forse) “definitivamente” fine alla attuale procedura di nomina che, nella sostanza, è rimasta immutata sin dalla formulazione originaria del D. Lgs. n. 502 del 1992, incisa solo apparentemente dal cd. decreto Balduzzi del 2012 (il D.L. n. 142 del 2012) che si limitò a stendere un velo di ipocrito perbenismo meritocratico senza nulla togliere ai poteri decisionali dei direttori generali delle aziende sanitarie, continuano a disvelarsi sul piano concreto gli effetti perversi delle prassi applicative avallate, persino, dai repertori giurisprudenziali.
Invero sembra davvero difficile non denunziare la singolare (in)efficacia di un modello normativo (quello attuale) che prevede la formazione di una terna di “idonei”, seppure collocati in una graduatoria di merito, che può condurre all’individuazione di uno qualsiasi di loro, temperando il potere discrezionale del direttore generale solo sul piano dell’obbligo motivazionale.
Insomma, specie si accompagna un simile meccanismo alla collocazione della procedura sul piano degli atti di diritto privato (ex art. 5 D. Lgs. n. 165 del 2001) e della conseguente sottrazione alle regole del procedimento amministrativodi cui alla legge n. 241 del 1990, ne viene disvelata l’innegabile e permanente dimensione opaca e la sua lontanza non solo dai tante volte evocati artt. 97 e 98 della Costituzione ma più in generale dalle regole del buon senso che vorrebbero che il direttore di una struttura fosse realmente il medico più capace.
Sicché, in attesa che il legislatore ci metta finalmente una pezza, è davvero auspicabile che si assista ad un qualche ripensamento almeno sul piano delle tutele giuridisizionali accordate al candidato primo selezionato e, comunque non scelto, superando il modello della sola tutela risarcitoria, consentendo non solo l’eventuale ripetizione della procedura ma anche e soprattutto la sua nomina in ruolo tutte le volte che il potere di scelta sia stato esercitata malamente.
E si badi bene un simile auspicio dovrebbe coinvolege l’intera dirigenza pubblica di ruolo che vede non di rado incise le proprie aspirazioni di carriera (ovvero il conferimento degli incarichi di maggior rilievo) dalle scorciatoie dell’accesso dall’esterno che, sotto la formale apparenza dell’assenza di idonee professionalità interne, perpetuano le prassi deteriori del nostro paese e dei suoi governanti che fraintendono fra rapporto fiduciario e rapporto fideistico.